Come aiutare mio figlio a socializzare con i coetanei

Angelica

Buongiorno, ho un meraviglioso bambino di 6 anni, dolce, sensibile ed intelligente. È sempre stato un bambino razionalmente molto precoce, ma in difficoltà a relazionarsi ad altri bambini, soprattutto maschi coetanei. Ha iniziato di recente la scuola elementare e, nonostante siano presenti alcuni vecchi compagni della materna, lui fa fatica a fare amicizia e mi sembra solo.

Quando vado a prenderlo lo osservo da fuori e lo vedo spesso solo, appoggiato ad un albero, oppure che gironzola guardando per aria. Dice che gli altri bambini non vogliono giocare con lui. È figlio unico e noi genitori abbiamo sempre giocato molto con lui, ma ultimamente mi sto chiedendo se questa modalità non abbia avuto l'effetto di allontanarlo dagli altri bambini.

Se vede bambini della sua età o più grandi si allontana, mentre cerca di relazionarsi con i bambini più piccoli. Le uniche amicizie che ha stretto un po' sono sempre state con femmine (un po' maschiaccio) o bambini un po' emarginati, l'ultimo arrivato oppure il bambino isolato: un periodo della materna aveva legato molto con un bimbo straniero molto in difficoltà, che non parlava neanche bene l'italiano. Dopo circa un anno quel bimbo si è finalmente inserito, ha iniziato a giocare con gli altri e mio figlio non è più stato suo amico! Come a dire: se non sei emarginato non fai per me!

La cosa in generale mi preoccupa, non vorrei trascurare una difficoltà che potrà peggiorare con l'età, ma neppure esagerare drammatizzando la situazione più del necessario. Ultimamente lui si è accorto che sono interessata a questo aspetto: appena parla con un bambino mi racconta subito di aver fatto amicizia ma se gli chiedo come si chiama, cosa hanno fatto insieme ecc., non sa rispondermi!

Vi ringrazio infinitamente per la risposta

5 risposte degli esperti per questa domanda

Buongiorno Sig.ra. Prima di tutto mi complimento con lei per l'attenzione nel notare queste difficoltà e cercare un confronto a riguardo. Da quanto ha riportato mi viene da pensare che ci possa essere un po' di insicurezza che lo porta a cercare relazioni in cui in qualche modo si senta competente, bambini in difficoltà o più piccoli di lui come diceva lei. Questo probabilmente lo toglie dalla paura del confronto coi pari. Il consiglio che le posso dare è utilizzando il gioco cercare di capire cosa lo preoccupa nel relazionarsi con loro, di cosa ha paura, e di cercare di facilitare la frequentazione con altri bambini: sport, oratorio, o altre situazioni in cui possa stare con loro.

Ricevo a Zola Predosa (Bo) e a Ferrara.

Saluti

Buongiorno Angelica, comprendo il suo stato d'animo. Di sicuro giocare  con i propri figli  è un fatto positivo e non crea danni, ma mi chiedo se anche voi genitori siete persone piuttosto riservate  o se al contrario avete una vita sociale movimentata ed  intensa. Il comportamento del vostro bambino  potrebbe derivare anche dalle vostre abitudini. Forse sarebbe il caso di fornirgli  maggiori  opportunità di frequentare i coetanei al di fuori dell'ambiente scolastico, senza fare troppe domande al bambino, senza preoccuparsi troppo, aspettando i suoi tempi e rispettando le sue  inclinazioni. Non siamo tutti uguali, per fortuna! Le faccio tanti cari auguri.    

Gentile Angelica,

l'insicurezza dei bambini può essere compresa attraverso l'approfondimento delle dinamiche familiari e delle modalità di attaccamento e accudimento dei genitori. Cosa prova il bambino in queste situazioni relazionali con i coetanei? Cosa pensa di sè e quali sono le paure che frequentemente vanno ad incidere e che contribuiscono al senso di insicurezza? Conoscere anche quali modalità di accudimento hanno ricevuto i genitori come figli costituisce un altro fattore importante da considerare. Se al momento i rapporti con i coetanei ci sono, può essere indicato trovare attività sportive, ricreative che piacciano a suo figlio per inserirlo e fargli vivere esperienze che gli permettano di confrontarsi con altri/e. Se il ritiro è più evidente e prolungato nel tempo è indicato rivolgersi ad un professionista per comprendere l'origine di questo disagio e intervenire per rafforzare le risorse di cui dispone il bambino e i voi genitori.

Cordiali saluti

Dott.ssa Giovanna Canziani

Dott.ssa Giovanna Canziani

Bologna

La Dott.ssa Giovanna Canziani offre supporto psicologico anche online

Gentile Signora Angelica,

non penso che si tratti di fare o non fare qualcosa per facilitare la socializzazione, quanto invece di permettere al bambino di parlare della sua esperienza, in un ambiente adeguato, con una persona che sappia ascoltare le sue difficoltà e consentirgli di trovare una svolta ad esse. Potrebbero bastare poche sedute con il bambino, lei e suo marito, in quanto i bambini piccoli non hanno ancora sviluppato una struttura psichica rigida come gli adulti, essa è in via di costituzione. La psicoanalisi si è molto occupata della vita infantile con i suoi momenti critici e le sue fissazioni, a partire da Melanie Klein a Françoise Dolto, per non parlare di contemporanee molto interessanti. L’importante è non patologizzare ma rendersi conto che nella vita ci sono difficoltà che se vengono svolte quando compaiono non si cronicizzano.

Dott.ssa Maria (Concetta) Pinto

Dott.ssa Maria (Concetta) Pinto

Vicenza

La Dott.ssa Maria (Concetta) Pinto offre supporto psicologico anche online

Le suggerisco di rivolgersi ad uno psicoterapeuta. È necessario approfondire la sua descrizione con aspetti relativi agli eventi legati alla sua nascita, al concepimento, agli eventi legati alla nascita di voi genitori. Per le problematiche legate all infanzia si ricercano aspetti trigenerazionali che possano essere stati determinanti un blocco emotivo. Potrebbe anche da sola fare una autoanalisi su dei parametri generali, purtroppo senza la validazione esterna di uno psicologo rischierebbe solo di confermarsi idee che ha già e che fino ad ora non le sono stati sufficientemente utili per aiutare suo figlio. Le suggerisco banalmente di non sottoporlo allo stress della pressione che da parte di un genitore viene spontanea ... quindi di eliminare frasi come “perché non fai amicizia? ... “ ecc 

se il bimbo sapesse cosa lo pone in difficoltà relazionale lo direbbe, quindi potrebbe essere inutile e controproducente, lo metterebbe nella convinzione negativa di essere diverso e sbagliato. 

Spero di essere stata chiara... non ho il tempo di rileggere quindi mi scuso per eventuali errori commessi per velocità

Dott.ssa Tiziana Vecchiarini

Dott.ssa Tiziana Vecchiarini

Napoli

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