Bimbo immaturo

Marzia

Michele ha 9 anni e da sempre predilige giochini gommosi o robottini con cui immagina di fare lotte, simulando anche i rumori. Lo fa spesso anche quando qualcuno gli parla. Qualche anno fa lo trovavo tenero, ma oggi mi sento preoccupata nel vedere che, a 9 anni, continua a giocare in maniera immatura. Ricerca sempre un giochino o un pupazzetto da tenere con sé.

Inoltre utilizza la voce di un bambino piccolo, come se fingesse di avere meno anni. Gli ho anche chiesto perché lo faccia, ma risponde dicendo che gli piace così.

Fa fatica a scuola con la matematica; infatti abbiamo avviato le pratiche con l’ASL per un iter di valutazione, con una prima visita neuropsichiatrica che deve ancora iniziare.

Ha difficoltà a rispettare le regole e fa molti capricci quando deve fare qualcosa o venire a tavola a mangiare, anche se queste regole sono state già ribadite in precedenza. È il secondogenito: ha un fratello di 11 anni che non lo aiuta più di tanto; anzi, insieme fanno i monelli e si comportano male anche fuori, dimostrando difficoltà ad ascoltare l’adulto.

Può essere un disturbo d’ansia? Premesso che sono divorziata da 8 anni e il padre non è una figura presente nella loro vita. Li vede molto poco: sono stati cresciuti da me, da mio padre e, da qualche anno, anche dal mio compagno, che tra l’altro è educatore.

3 risposte degli esperti per questa domanda

Gentile mamma,

la sua preoccupazione è molto comprensibile: osservare che un bambino di 9 anni mantiene giochi e modalità comunicative che sembrano “più piccole” rispetto all’età può far sorgere timori di immaturità o di un problema psicologico sottostante.

Quello che descrive – la predilezione per giochi ripetitivi e rassicuranti, l’uso di una voce infantile, le difficoltà scolastiche, la fatica a rispettare le regole e la ricerca di oggetti da tenere sempre con sé – non va letto come un segnale univoco di ansia o di altro disturbo, ma come un insieme di indizi che meritano attenzione e valutazione da parte di specialisti. Ha fatto molto bene ad avviare un iter presso l’ASL: la valutazione neuropsichiatrica, insieme a eventuali test psicodiagnostici, permetterà di comprendere meglio le aree di forza e le difficoltà di Michele, distinguendo ciò che appartiene allo sviluppo personale da ciò che può indicare un bisogno di supporto specifico.

La sua storia familiare – la separazione, la scarsa presenza paterna, la crescita in un contesto con figure diverse di riferimento – rappresenta un elemento importante, che può aver inciso sul bisogno di Michele di rimanere ancorato a modalità più infantili, forse come forma di sicurezza o di richiesta di attenzione. Spesso, dietro a comportamenti che sembrano “immaturi”, ci sono strategie di adattamento che il bambino mette in atto per fronteggiare emozioni più grandi di lui.

Per il momento, può essere utile:

non etichettarlo come immaturo, ma provare a entrare nel gioco, comprendendo cosa gli comunica e cosa lo rassicura;

stabilire regole chiare e coerenti, mantenute costanti da tutti gli adulti di riferimento, così da non confondere Michele; valorizzare i momenti di autonomia e crescita, anche se piccoli, per aiutarlo a sentirsi capace.

Infine, non sottovaluti l’impatto emotivo che la situazione familiare può aver avuto: uno spazio di ascolto psicologico per lui – o per voi come famiglia – potrebbe diventare un luogo in cui esprimere emozioni e vissuti che ancora non trovano altre forme di comunicazione.

Non è detto che si tratti di un disturbo d’ansia, ma è importante che le difficoltà di Michele vengano comprese a fondo, senza ridurle a un’unica etichetta. Il percorso di valutazione sarà fondamentale per orientare al meglio gli interventi di supporto, se necessari.

Un caro saluto,

Dott.ssa Giovanna Valentina Padalino

Psicologa

Dott.ssa Giovanna Padalino

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Bologna

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Gentile Marzia, 

è comprensibile la sua preoccupazione, ma è importante ricordare che spesso i comportamenti dei bambini sono una risposta a ciò che accade nell’ambiente attorno a loro. Più che cercare un’etichetta diagnostica, può essere utile osservare il “sistema” in cui cresce Michele: la gestione delle regole, le modalità comunicative, i modelli educativi e le reazioni degli adulti di riferimento.

Alcuni comportamenti apparentemente immaturi descritti possono rappresentare una richiesta di attenzione, sicurezza o controllo rispetto a qualcosa che il bambino vive con difficoltà. Il disagio non è sempre “dentro” al bambino, ma si esprime attraverso le sue difficoltà quando l’ambiente non riesce a gestirle in modo funzionale. Il suo gioco regressivo, la voce infantile, la difficoltà a rispettare le regole e i capricci sono modalità espressive che richiedono ascolto, ma anche l’uso di strumenti pratici e coerenti. Etichettare un bambino rischia di cristallizzare il problema; cambiare il contesto spesso cambia anche il comportamento.

Ecco alcuni spunti utili:

- Dare poche regole semplici, stabili e coerenti e farle rispettare con calma e fermezza. 

- Evitare il braccio di ferro e gli scontri, attraverso strategie come: 

  • il potere della scelta (es. "È il momento di spegnere la tv, lo fai tu o lo faccio io?")
  • lo scenario futuro (es. "Se non finisci i compiti in tempo, non ci resterà tempo per andare al parco")
  • l’accettazione della frustrazione che il bambino prova come reazione ad un no (es. “Capisco che in questo momento sei arrabbiato perché non puoi più giocare con il tablet, ma è finito il tempo che avevamo concordato”)

- Potenziare l’autonomia: dare al bambino compiti adeguati alla sua età, lasciargli margini di scelta, responsabilizzarlo nelle piccole cose quotidiane (vestirsi, apparecchiare, preparare lo zaino…) rafforza il senso di competenza e riduce i comportamenti regressivi.

- Valorizzare i comportamenti maturi e le azioni positive, anche se piccole, per rafforzare l’identità competente del bambino. Allo stesso tempo, è utile ridurre l’attenzione ai comportamenti disfunzionali, per non rinforzarli involontariamente. 

- Uscire dalla logica del controllo per entrare in quella della fiducia, lasciando spazio al bambino di fare da solo, anche sbagliando.

Ogni bambino ha le sue risorse, e spesso ha solo bisogno che gli adulti intorno a lui imparino a leggerle e sostenerle nel modo giusto.  Un percorso di sostegno alla genitorialità può aiutarti a ritrovare strumenti concreti, serenità educativa e fiducia nel cambiamento.

Con piccoli cambiamenti quotidiani e uno sguardo nuovo, è possibile creare un clima familiare più sereno, in cui Michele possa crescere sentendosi compreso, sostenuto e valorizzato. Vi auguro di trovare il modo più adatto  per trasformare le difficoltà in occasioni di crescita.

Un caro saluto, dott.ssa Ornella Cascino

Buongiorno,

la ringrazio per aver condiviso con tanta chiarezza la situazione di Michele. È comprensibile la sua preoccupazione: da ciò che descrive emergono comportamenti che possono sembrare immaturi per l’età, come il gioco ripetitivo con pupazzetti e la voce infantile, insieme a difficoltà nella gestione delle regole e nell’apprendimento della matematica.

Va detto che ogni bambino cresce con tempi e modalità diverse: ciò che in alcuni casi è una semplice modalità di espressione e di rassicurazione, in altri può diventare un segnale che merita attenzione. Il fatto che abbiate già avviato un iter di valutazione presso la neuropsichiatria infantile è un passo molto importante: solo attraverso una valutazione multidisciplinare sarà possibile chiarire se si tratta di un tratto caratteriale, di un bisogno di rassicurazione legato al vissuto emotivo, o di difficoltà di apprendimento/ansia che richiedono un supporto mirato.

In attesa della valutazione, può essere utile:

  • mantenere regole chiare e coerenti, evitando di ripeterle infinite volte o di cedere ai capricci;
  • offrire spazi di gioco condiviso con regole precise (es. giochi di società, attività sportive), così che il gioco non sia solo ripetitivo o solitario;
  • valorizzare i momenti in cui Michele mostra comportamenti più adeguati alla sua età, rinforzando positivamente ciò che funziona;
  • non colpevolizzarlo o rimproverarlo per la “voce da piccolo”, ma proporgli gradualmente modalità alternative di esprimersi.

La storia familiare (assenza del padre, contesto affettivo complesso) può aver inciso sulla ricerca di comportamenti regressivi, che per Michele funzionano come una forma di rassicurazione. Non si tratta necessariamente di un “disturbo”, ma sicuramente è un segnale che va compreso meglio.

Se desidera, possiamo parlarne insieme in un colloquio di consulenza: può essere utile per lei avere da subito strategie pratiche di gestione quotidiana, in attesa della valutazione dell’ASL. Ricevo sia online che in studio a Corigliano-Rossano.

 

Un cordiale saluto,

Giovanni Noè – Psicologo

Dott. Giovanni Noè

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Cosenza

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