Tredicenne rifiuta la sua femminilità

Patrizia

Buongiorno, sono mamma di una ragazza tredicenne brillante e intellettualmente molto attiva, con vivo interesse per la matematica, le scienze, la musica e l'arte. Lo sviluppo le ha regalato un corpo con caratteri femminili un po' accentuati (curve e seno abbondante), che da qualche mese lei rifiuta totalmente. E' passata da una cura maniacale della sua lunga chioma ad un taglio di capelli radicale, da abbigliamento allegro e colorato ad abbigliamento maschile, scuro, cupo, oversize, reggiseni ultracontenitivi, indossati anche 2 alla volta per nascondere quasi totalmente il seno. Aggiungo che in famiglia è periodo un po' conflittuale tra me e mio marito, abbiamo figlio minore molto attivo e vivace che spesso richiama molta attenzione su di sè, suscitando anche la gelosia della sorella maggiore. Io ho un lavoro che mi piace e mi impegna abbastanza, pur cercando di delegare il minimo indispensabile e occupandomi al massimo delle mie possibilità dei miei figli. A volte devo assentarmi alcuni giorni, che vivo con un certo senso di colpa e mio marito vive come un peso (la cosa ingenera un circolo vizioso). Mia figlia dice che è confusa e alla ricerca della sua identità..ma di fatto mi sembra che non apprezzi il suo essere donna... non mi è nemmeno chiaro se le piacerebbe essere un maschio... mi dà l'impressione che stia come fuggendo da se stessa.. ma non sono in grado di interpretare cosa davvero non va. Vi prego potete darmi qualche indicazione e suggerimenti su cosa dovrei o potrei fare? Vi ringrazio anticipatamente

5 risposte degli esperti per questa domanda

Se prima sua figlia era allegra, serena, e vestiva normalmente e poi quasi improvvisamente ha modificato il suo modo di vestire, la vede più cupa, triste, pensierosa può essere stata

"traumatizzata" da un fatto, o una parola, uno sguardo, dei commenti fatti su di lei, anche qualcosa di apparentemente insignificante che invece l'ha turbata dentro. Va analizzato in profondità. Andrebbero fatte a sua figlia una serie di domande le cui risposte possono aiutare a capire cosa le sta succedendo dentro. Per questo se può parlatene con uno psicologo di persona. A volte a scuola c'è il Servizio di Sportello d'Ascolto tenuto da psicologi a cui può rivolgersi. Questo per capire se siamo di fronte ad una normale fase di accettazione del proprio cambiamento fisico che include anche un momentaneo rifiuto oppure è stata turbata da qualcosa inerente il suo essere fisico. Le stia vicino, cerchi di passare del tempo insieme, voi due da sole, in modo allegro e spensierato. Può anche riflettere come lei stessa come madre vive la sua femminilità, come lei stessa la esprime nel modo di vestire, e anche capire che per essere belle persone non occorre essere appariscenti ma solari in volto e di sani principi. La creazioni della propria identità si acquisisce con il passare degli anni, è un processo che direi ci accompagna per tutta la vita.

Gentile Signora,

quello che sta attraversando sua figlia è un periodo difficile: non è più una bambina (e il suo corpo glielo ricorda con prepotenza!), ma è ancora lontana dall'essere una donna. La sua identità in generale -non solo sessuale- è in costruzione e ciò comporta trasformazioni impegnative da tanti punti di vista (fisico, cognitivo, emotivo...) e porta con sé inevitabilmente il lutto da elaborare di quella bimba che non ci sarà più.

Inoltre, i ragazzi sanno essere crudeli: magari il suo non è per forza un disagio che nasce da dentro, ma derivante da commenti inopportuni da parte di coetanei sciocchi e poco rispettosi, che la portano a voler mimetizzare il suo fisico per passare più inosservata.

Con tutta la discrezione di cui è capace, le stia accanto, le dia la sua disponibilità ad ascoltarla e a trascorrere del tempo speciale voi due sole di tanto in tanto, iniziando a trasformare un rapporto mamma/figlia in uno più simmetrico donna/piccola donna. Recuperi nella memoria come si sentiva lei proprio a 13 anni e in quali tempi e modi avrebbe desiderato sua madre vicina e glielo racconti. Le faccia sapere che se ha voglia, invece, di parlare di sé e di queste "turbolenze" con un estraneo, non ci sarebbe nulla di male a fare qualche colloquio con uno psicologo.

In bocca al lupo ad entrambe!

Dott.ssa Paola Scalco

Dott.ssa Paola Scalco

Asti

La Dott.ssa Paola Scalco offre supporto psicologico anche online

Buonasera Patrizia,

comprendo la Sua preoccupazione, il passaggio dall' infanzia all’adolescenza è una fase affascinante, complicata e difficile: è un periodo dai confini incerti, con la specificità del susseguirsi rapido di trasformazioni fisiche e psichiche, radicali e spesso irreversibili. I cambiamenti dal corpo bambino a quello adulto, dal gruppo familiare primario al gruppo dei coetanei, dal pensiero concreto alle capacità di pensiero astratto, comportano una profonda ristrutturazione dell'identità, nuovi livelli di riflessione e di consapevolezza, con un ampliamento degli interessi e degli orizzonti di realizzazione.

Come poter aiutare? Una presenza attenta, affettuosa, priva di giudizio e, al contempo, capace di incentivare il senso critico e la consapevolezza dell’unicità.

Una consultazione con un/a esperto/a (psicopedagogista o psicologa) può essere consigliabile, se la ragazza accetta di incontrare e parlare di sé ma può essere appropriata anche una consulenza a favore dei genitori, perché rappresenta la possibilità di esaminare e confrontarsi sulle tematiche più importanti relative l’adolescenza in relazione ai tratti di personalità di Sua figlia.

Cordiali saluti.

Cara Patrizia,

si accerti, chiedendolo a sua figlia, che nessuno le abbia fatto avances improprie.

Se non vi sono stati episodi che l'hanno scioccata, allora si metta in pace e continui a osservarla come ha sempre fattto. E' giovane, tantissimo giovane. A un certo punto dovrebbe trovare da sola una via d'uscita. Si accerti che non smetta di mangiare.

La ragazza ha tante doti, le dia modo di sviluppare al massimo gli aspetti creativi e artistici.

Un consiglio per lei: si tappi le orecchie alle rimostranze di suo marito per i suoi viaggi di lavoro. Non risponda, lasci cadere e non si senta in colpa. Cerchi di reagire in modo più adulto. Chissà, potrebbe aiutare la sua ragazza.

Ci tenga al corrente. Un caro saluto.

Cara Patrizia, Su* figli* sta attraversando un'età nella quale viene a delinearsi, benchè il processo duri tutta la vita, la propria identità, compresa quella di genere. E' un processo complesso, multifasico, che procede in modo non lineare, e che a questa età è ancora impossibile da prevedere. Il corpo che siamo è il mezzo con il quale ci muoviamo e interagiamo con il mondo, e come tale è carne viva e l'identità è anche fortemente corporea. Su* figli* sta vivendo una "confusione" che è legittima e va accolta, senza giudizio, ma con la sicurezza di avere la Sua mano sulla spalla qualsiasi cosa succeda. Se in questo momento Su* figli* non sente propri alcuni aspetti della femminilità, la prima cosa da fare è non imporgliela. Non ponga veti e obblighi. Lasci il tempo della sperimentazione e dell'esperienza. Su* figli* beneficerebbe di un confronto con un terapeuta specializzato in identità di genere (cerchi sul sito dell'Osservatorio Nazionale Identità di Genere), NON perchè sia di per sè un problema, un disturbo, o qualcosa "che non va", ma perchè questa ricerca di identità propria verrebbe facilitata e guidata da qualcuno che lavora su questo. Il risultato finale della ricerca è assolutamente personale, il terapeuta non lo direzionerà (poichè, non essendo un disturbo, qualsiasi outcome sarà corretto se è identitario per la persona!) ma sarà utile anche a Lei per comprendere al meglio la situazione. Se tutto questo dovesse esitare in una sofferenza per Su* figli* tale da poter parlare di disforia di genere, sceglierà cosa fare. Ma è prematuro adesso porre qualsiasi tipo di etichetta, anche di genere. Stia vicino a Su* figli*, abbia un atteggiamento AFFERMATIVO, espliciti che verrà amat* in ogni modo e in ogni caso e che si farà ciò che è meglio per la sua salute. Se su* figli* è d'accordo, contatti un terapeuta e fate un pezzo di percorso assieme. La situazione non è problematica di per sè, è una fase di vita e va affrontata come tale. Comprendo la preoccupazione, ma è una fase necessaria e non durerà per sempre. Qualsiasi esito seguirà, non lasci che nessuno Le dica che è un problema, una malattia, o un disturbo. Nessuna identità di genere è malata, o sbagliata. Questo è ciò che deve trasmettere anche a Su* figli* con la Sua presenza e il Suo atteggiamento. In bocca al lupo! cordialità

Dott. Daniel Michael Portolani

Dott. Daniel Michael Portolani

Brescia

Il Dott. Daniel Michael Portolani offre supporto psicologico anche online