Sono incinta di 6 mesi, ma ho deciso di lasciare il mio compagno

Liviana

Salve, ho trovaro il sito perché ero alla ricerca di consigli e pareri obiettivi, ma non ho altre persone al corrente della situazione con cui potermi confrontare.
Ho 26 anni e sono al sesto mese di gravidanza. Ho appena lasciato il mio compagno e sono tornata a casa di mia mamma dopo 4 anni e mezzo di convivenza. Lui ha 36 anni e ha problemi di dipendenza dalla cocaina. Voglio specificare che da quando siamo insieme ha avuto dei grossi miglioramenti, inizialmente frequentando un gruppo di narcotici anonimi e nell'ultimo periodo grazie alla sola volontà. I periodi più lunghi di pulizia li ha avuti negli ultimi 2 anni, con ricadute diciamo di breve intensità. Negli ultimi 8/9 mesi è rimasto pulito completamente e abbiamo diminuito drasticamente il consumo di alcolici, di comune accordo.
Io l'ho sempre considerato un tossicodipendente atipico, grazie appunto a questa forte volontà di smettere che ha dimostrato.
Il problema è sorto quando in seguito a un lieto evento(ha finalmente superato l'ultimo esame dell'università ) ci siamo ritrovati a festeggiare con degli amici. Diciamo che vedendo che stava bevendo (circa 6 birre piccole per la precisione) sono andata completamente nel panico e abbiamo litigato pesantemente, litigio in seguito al quale io sono tornata da mia madre. Fin qui tutto bene, nel frattempo mi sono resa conto di aver avuto una reazione esagerata e stavo riconsiderando l'idea di tornare insieme nel giro di poco.
Avevo in mente di usare questo periodo come prova del suo autocontrollo in mia assenza, se non fosse che ha avuto un'altra ricaduta.
Ora io sono convinta di non voler tornare con lui, non credo di riuscire a reggere psicologicamente questa ansia di possibili ricadute con anche la responsabilità di un bambino. A me è crollato il mondo addosso e sento di non potermi più fidare.
Finora mi andava bene fargli un po' da controllore, sapere sempre dove si trovava e tenergli anche i soldi in situazioni a rischio, ma io voglio essere serena e crescere mio figlio in pace, anzi, pretendo per mio figlio un ambiente totalmente sano, privo di litigi su argomenti come droga e alcol.
Vorrei far capire al mio compagno che è arrivato il momento di crescere, responsabilizzarsi e acquisire la consapevolezza che le sue azioni hanno delle conseguenze, invece di minimizzare e considerarmi paranoica. Forse pretendo troppo, ma lo faccio perché voglio avere la certezza che il bambino non abbia un'infanzia traumatica con due genitori allo sbando. Fondamentalmente penso di aver preso questa decisione per paura.
Volevo solo qualche parere obiettivo sulla situazione dato che mi sento abbastanza in colpa di togliergli la possibilità di vivere il bambino come coppia e ho anche paura che per lui sia troppo grande l'impatto emotivo per poterlo superare senza ricadere nell'abuso di alcol e cocaina.
Grazie per le Vostre risposte.

3 risposte degli esperti per questa domanda

Cara Liviana, concordo con le tue riflessioni riguardanti l'importanza di crescere un bambino in un ambiente sereno e privo di conflittualità. Mi focalizzo su due emozioni che citi: ansia e paura. Sono emozioni che, seppur negative, sono utili poiché permettono di individuare situazioni di eventuale pericolo ed agire di conseguenza. Non è possibile far cambiare idea, o strada, o responsabilizzare altre persone poiché il cambiamento arriva solo se il diretto interessato è pronto ad accoglierlo. La gravidanza rappresenta un periodo delicato nella vita di una donna, un periodo durante il quale è importante portare ascolto ai propri bisogni. Considerata la situazione che stai vivendo sul piano personale e relazionale e i tuoi dubbi, contattare un terapeuta per cercare di fare chiarezza e individuare la strada migliore per te e per voi potrebbe rappresentare una buona opportunità.

Un caro saluto.

Gent.lissima 26enne anonima,

le vicende che riferisce sono forti, complesse, comprensibilmente preoccupanti.

Credo che non sia semplice trovare una risposta, men che meno una via d’uscita rapida. Lei desidera calma e di serenità, il suo bambino merita un ambiente accogliente, il suo compagno ha bisogno di aiuto - e sappiamo per esperienza che l’aiuto funziona solo quando le persone riconoscono di averne necessità e lo cercano in prima persona -.

Cosa si potrebbe dire di utile e significativo in una risposta scritta? 

Credo niente, forse solo qualche parola consolatoria che non farebbe alcuna reale differenza.

Se vuole, ne possiamo parlarne direttamente (non le sto proponendo un colloquio, né sto tentando di ‘agganciarla’). Semplicemente, la invito, se vuole, a incontrarci per condividere, non solo con parole nere su bianche, ma con le sfumature emotive, ciò che sta vivendo.

Se vuole …..

Buongiorno. Non conoscendo, ovviamente, il suo compagno e quindi le sue difficoltà e le sue risorse, l'ambiente di origine, la sua realtà lavorativa (si è laureato tardi, quindi suppongo che abbia lavorato nel frattempo) e sociale, tutto ciò che lo connota quindi come persona specifica, posso solo dire che la sua è purtroppo una situazione di coppia che ricalca altre mille situazioni simili quando un componente è dipendente da una sostanza. La vita di un tossicodipendente è in genere quella che lei ha descritto: un continuo susseguirsi di periodi buoni, ad altri meno buoni, ad altri decisamente pessimi. I periodi drug free possono essere anche lunghi, di anni, ma purtroppo i fatti della vita picchiano duro e la persona dentro è fragile. E' questa fragilità interna che costituisce il vero problema, coperto dall'uso della sostanza, che il soggetto deve riconoscere e superare. Tutti gli aiuti esterni sono utili, utilissimi, ma è lui che deve davvero decidere, è lui che deve trovare in sè stesso le motivazioni forti per uscirne. La dipendenza è un problema davvero drammatico, e la soluzione, possibile, richiede forza e tempo, tanto tempo. Il controllo che lei ha operato su di lui sarà senz'altro servito, se concordato, ma non può continuare all'infinito, perchè è pesante e rende difficile la vita del controllore, oltre al fatto che a lungo andare non funziona più, perchè i trucchi per eluderla sono infiniti. Quindi il controllo diventa un'illusione. Può essere che l'attesa di un figlio lo abbia destabilizzato, anche se è una cosa bellissima o si possono fare altre ipotesi, ma la capisco e la sua salvaguardia psichica e quella del bambino hanno ora la priorità. Non credo sia il caso di chiudere tutte le porte, ma darsi e dargli la possibilità di capire se essere genitore possa diventare una motivazione importante, lei lo può fare, se ci riesce.   

Dott.ssa Elena Scutra

Dott.ssa Elena Scutra

Brescia

La Dott.ssa Elena Scutra offre supporto psicologico anche online