L'importanza di radicarsi nel Presente. Considerazioni sull'esperienza del Tempo e tra processi di nevrosi e cura.

"Tutti gli elementi che compongono l'esperienza umana entrano a far parte dei diversi Stati dell'Io" (E.Berne). Gli Stati dell'Io come molti di voi sanno, sono tre: Genitore, Adulto e Bambino.

In estrema sintesi, possiamo dire che lo Stato dell'Io Genitore: racchiude i comportamenti, i pensieri e le emozioni trasmessi dai genitori o dalle principali figure di attaccamento. Lo Stato dell'Io Adulto, racchiude: i comportamenti, i pensieri e le emozioni che sono una risposta diretta al "qui ed ora". E infine, lo Stato dell'Io Bambino che comprende: tutti i comportamenti, i pensieri e le emozioni appresi ed esperiti nell'infanzia. L'insieme di questi tre Stati dell'Io, costitutiscono quello che noi Analisti Transazionali, comunemente riteniamo essere un' Identità. Mentre parliamo di relazionalità, quando consideriamo la reciprocità di scambio tra due o più persone (e tra i rispettivi Stati dell'Io che entrano in comunicazione tra loro).
I processi di strutturazione dinamica di un'identià sono imprescindibili per ogni essere vivente dall'esperienza del Tempo; non è scontato che essi seguano una traiettoria necessariamente lineare. Gli individui possono ampliare le proprie fasi di sviluppo evolutivo e aumentare le proprie acquisizioni durante tutto il loro ciclo vitale, senza tuttavia mai estromettersi completamente dalla dimensione temporale (che li contraddistingue relativamente "ad un certo tempo e ad un certo luogo").
Per una persona affetta da depressione l'orologio interno è fermo al Passato; per un individuo ansioso l'orologio interno è espressamente teso al Futuro; solo per pochissimi tra noi l'orologio può segnare "il qui ed ora" dell'attimo presente.
Molti di voi si staranno chiedendo: Come mai? Altri no. Altri non ci avevano mai pensato fino ad ora. Altri si staranno chiedendo qual'è il punto. E per inciso, anche il punto, richiama il concetto di infinito e quindi inevitabilmente di Tempo.
E' per questo corretto ritenere che la questione riguardi tutti.
L'etimologia della parola Tempo deriva da "tempus" riconducibile alla radice indoeuropea "-team" (tagliare, sezionare, separare, recintare), che secondo la declinazione greca, include anche il concetto di: fase, periodo e intervallo. Ordinariamente il Tempo è la dimensione attraverso cui vengono ordinati e messi in relazione tra loro fatti, eventi e il divenire delle cose in modo tangibile e misurabile.
Diversi autori in letteratura, concordano nel ritenere, che quando non siamo in grado di reggere una costruzione più ricca e flessibile della nostra esprienza vitale, allora anche la nostra percezione del tempo subisce processi di artificiosità automatici spesso inconsapevoli. Ad esempio: il blocco (o rimozione); la ripetizione storica (detta anche coazione a ripetere) o l'anticipazione di fatti ed eventi futuri (altro meccanismo difensivo). Il risultato è il vivere costantemente o nel Passato o nel Futuro, senza mai potersi radicare nell'esperienza Presente. Questo per molti Psicoterapeuti Analitico- Transazionali, significa implicitamente, ritenere che la persona non possa completamente essere presente a sè stessa. Ciò ostacola inevitabilmente anche i processi di cura e di cambiamento terapeutico che se non possono avvenire in altro luogo diverso dal Presente, come sottolineato da F.Perls (1973), non possono semplicemente "esserci".
Il Tempo è più che parte di noi, il Tempo ci costituisce. Senza ricordi, capacità prospettica e il sentire radicato, non siamo niente. Semplicemente non esistiamo. La morte è l'unica condizione che prescinde dalla condizione temporale e si caratterizza, infatti, come "condizione di non-esistenza". Da qui l'importanza dei passatempi e dei giochi psicologici, secondo Eric Berne (1964): strategie approssimativa sopravvivenza.
Comunemente parlando, perchè esistano anche delle relazioni significative per l'individuo è necessario, infatti, ci sia Tempo. Anche quando parliamo di momenti felici che condividiamo con altri, non ci stanchiamo mai di sottolineare, il valore temporale che questi hanno acquisito per noi. Per tale ragione scattiamo un'enormità di foto dei nostri momenti più significativi e abbiamo la sensazione che il nostro cuore si scaldi, ogni volta che ne possiamo ritrovare anche uno soltanto. Tutte queste operazioni acquistano senso, solo se comprendiamo l'importanza e la necessarietà di ricondurre ogni nostra azione al tempo Presente.
A volte ci piacerebbe pensare ai nostri momenti più felici regalandoli all'eternità. Tuttavia, intuitivamente sappiamo che per esistere, essi non possono essere estromessi completamente dalla dimensione temporale del "qui ed ora". Anche se ci cimentassimo nell'impresa, scopriremmo ben presto (e con assoluta certezza) che essi acquisirebbero un elemento d'irrealtà. Lontano da questa goccia di presente che abbiamo tra le mani, tutto lentamente sbiadisce fino a diventare progressivamente impercettibile.
Personalmente credo che anche i nostri sentimenti più profondi appartengono al regno del Tempo; dove c'è morte c'è anche essenza, non ci è permesso di sentire veramente neppure il lutto (es. quando noi stessi moriamo).

Non è raro però osservare che a volte "i nostri orologi interni", come descritto nel famoso saggio "La meccanica del cuore" di M. Malzieu, non funzionano sempre bene. Alcuni possono rallentare, fino a fermarsi a ieri, ad un anno fa o ancor più lontano nel passato; altri segnare ore che ancora non esistono, ma che appartengono ad un futuro ipotetico che immaginiamo cognitivamente. L'essere umano funziona un pò così. Assomiglia ad un orologio che a volte inconsapevolmente non sintonizza correttamente le sue lancette interne, rispetto a ciò che prova e sta vivendo "nel qui e ora" (così come rappresentava anche Dalì nei suoi "Orologi Molli", quadri su tela del 1931).
E' a questo punto che emergono le emozioni sostitutive. Esse ricoprono le emozioni autentiche che nasciamo competenti a sentire e riconoscere in maniera specie-specifica. Si origina da qui tutta quella sofferenza che la persona, ad un certo punto della sua vita, non può più ignorare in quanto manifesta sintomatologia.
Non è un segreto affermare che tutti i processi di psicoterapia sono soggetti alla più che variabile "Tempo". Esistono diversi tipi di terapie che si riferiscono a due grandi macroaree: "a breve" o "a lungo termine". Esse sono di diversa tipologia secondo le mete e gli obiettivi terapeutici concordati. In A.T. obiettivi e mete vengono stabiliti in maniera contrattuale e bilaterale.
Richiede impegno ed energia essere presenti durante un processo terapeutico e chi ha fatto questa esperienza, sa bene a cosa mi riferisco.
Qualcuno potrà domandarsi: "Ci si ammala più velocemente di quanto si guarisce o viceversa?" Sinceramente non saprei dire, ma so che il Tempo conta molto in entrambi i casi. L'esperienza terapeutica si contraddistingue per una condivisione della dimensione temporale tra analista e paziente che comunicano tra loro "in un certo luogo e in un certo tempo", tornando poi assieme al momento presente. In accordo con F. Perls, sono concorde nel ritenere che: "non c'è altra realtà possibile, per entrambi, che il presente". Anche le tecniche selezionate risentono di tale necessità temporale, tutte devono essere necessariamente ricondotte ed assimilate al momento presente. Confrontare le credenze disfunzionali della persona, compiere delle ridecisioni ed approfondire/comprendere le cause di diversi quadri sintomatologici che impattano più aree della vita di una persona, richiede un'attraversamento congiunto della dimensione temporale esistenziale della vita di una persona e il ritorno "al qui e ora", all' adesso e insieme.

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