Setting terapeutico

Sísifo Bellerofonte

Buongiorno

sono una persona che è alle prese con una relazione terapeutica dove il setting imposto dalla terapia gli va stretto.

La terapia è solo ed esclusivamente un rapporto professionale. Dove un/a professionista definisce delle regole “setting” e il paziente che si senta a suo agio o meno deve adeguarsi. Il che ci può stare e’ il paziente ad avere bisogno del professionista. Quindi la flessibilità è richiesta al paziente.

Adeguarsi alle regole può starci ma vedo veramente critico fidarsi è co affidarsi. Più passa il tempo più sento il/la professionista una persona, la seduta un luogo, dove aprire e chiudere porte e argomenti, definire dei confini dei limiti che permettano di chiudere degli argomenti per risolvere singoli problemi e arrivare a degli obbiettivi.

Sarà un mio limite, voglio vedere il mio problema la mia difficoltà dagli occhi di un professionista non i miei di paziente. Tuttavia per come sono fatto penso che solo un ingenuo può pensare di fidarsi. A livello istintivo e razionale non mi viene da fidarmi co affidarmi ne da parlare dei dubbi difficoltà. Sono una scatola ben chiusa sigillata.

Ma Io stimo apprezzo il/la professionista ma non riesco a comunicare e fidarmi. Fidarmi perché nn mi fido in generale di nessuno e comunicare perché parlare nella relazione non è il mio punto forte.

Parla del “setting” mentre personalmente lo detesto. Apprezzo le regole Sono necessarie ma queste non vogliono dire veramente un @@@@@. Questo dannato setting terapeutico mi fa sentire un autentico incapace, di far funzionare la relazione di stare nella relazione di progredire e comunicare. Non so dire se sono più frustrato con la rigidità della professionista o con me stesso per non trovare la strada per comunicare in maniera efficace. Non riesco a razionalizzare la situazione è trovare la strada la soluzione. Continua a ripetere delle frasi “ne parliamo in seduta” , “la seduta si fa in presenza” mi sento impotente nel gestire la relazione.
Mi domando e vi domando ci sarà un modo di usare i limiti i vincoli i problemi che il setting porta a mio vantaggio? Non vedo l’utilità del setting nella terapia di questo. Ammetto sicuramente è per mia ignoranza ma mi va stretto come la fiducia nel terapeuta per responsabilità mia difficoltà mia non riesco a crearla per quanto mi impegno. La cosa che mi manda avanti è che la terapia è utile lo so. Devo solo trovare la strada corretta per riuscire. Ma da solo il/la terapeuta non può fornirmi alcun contributo in ciò.

Ps.: con questo non sto assolutamente svalutando il/la professionista è il suo operato e contributo, anzi è capace e in gamba. Ma se devo fidarmi di qualcuno mi fido di me stesso.

Grazie per le risposte e del vostro tempo.
Saluti
SB

3 risposte degli esperti per questa domanda

Buongiorno

Scrive spesso in questa sede. Le ribadisco ciò che nelle mie risposte precedenti è già emerso. Penso che, proprio a causa della sua difficoltà ad affidarsi, senta il setting terapeutico, come impossibile da gestire emotivamente. Credo che, il fatto di dare e darsi del tempo per potersi fidare e affidare, sia il cardine di ogni percorso personale. Probabilmente, a fronte di suoi vissuti personali, ad oggi, come in passato, fatica a lasciarsi andare, a fidarsi. Per poter apportare dei cambiamenti e essere maggiormente sereno, dovrebbe iniziare a sentire il setting terapeutico come un aiuto e una tutela, non come un ostacolo. La sua terapeuta, dal mio punto di vista, mette dei limiti e delle regole necessarie per elaborare ciò che lei ora fa molta fatica a comprendere emotivamente e a "sentire". Riuscirà a lasciare andare le difese, per poi affidarsi, ma ci vuole un po'. Le consiglio nuovamente di darsi del tempo, anzi di dare ad entrambi e al vostro percorso fiducia e non abbia fretta. Si prenda tempo e provi a vedere, in ciò che sta svolgendo, un'occasione di "crescita" personale e un'opportunità.

Buona fortuna

Buonasera, il setting è da sempre per il paziente qualcosa di tremendo, perchè se ne deve parlare solo in seduta, perchè si deve pagare la seduta saltata...La verità è che in mezzo a tante variabili, il setting dà una certezza in mezzo a queste variabili. Quello che succede spesso che, inconsciamente, si vorrebbe prenderlo  a spallate. Questo, nella relazione terapeutica, mette in moto delle dinamiche pregresse, arcaiche. spesso con le figure genitoriali.un bravo professionista , a mio parere, è quello che ha un buon setting, sia esterno che interno.

Buon lavoro.

Dott. Rosanna Sbrig

Buongiorno,

deve essere molto stancante arrovellarsi tanto su una questione in fondo semplice: il setting serve a stabilire confini e regole di comportamento reciproco, all'interno dei quali tutto è possibile, anche costruire una relazione autentica e profonda. il suo problema sembra essere proprio questo però. Fidarsi solo di se stesso (ammesso che sia davvero così) impedisce di aprirsi ad una relazione. Forse è questo il punto, lasci perdere le regole e il setting e si chieda insieme al suo terapeuta quali sono le ragioni per cui le sue difese ("sono una scatola ben chiusa sigillata") sono così ferree, anche se non abbastanza da indurla a interrompere la terapia. Le difese vanno rispettate, fanno un duro lavoro per proteggerci, ma vanno comprese, dal momento che il più delle volte ci impediscono di essere felici.

Dott.ssa Franca Vocaturi