Buongiorno Sara, da quello che racconti si sente quanto questo anno ti abbia segnata. Non perché tu sia fragile o incapace di reggere le cose, ma perché hai vissuto qualcosa che ti ha tolto di colpo la sensazione di sicurezza. Un incidente stradale, soprattutto quando c’è di mezzo anche una responsabilità e qualcuno che si fa male, non è solo un evento pratico da archiviare: lascia una ferita emotiva. Il senso di colpa che ti sei portata dietro per mesi è molto umano. È come se la tua mente avesse continuato a tornare lì, cercando di sistemare qualcosa che ormai non poteva più cambiare.
Il fatto che per un periodo tu non sia riuscita a guidare, e che poi l’ansia si sia spostata sulla paura che possa succedere qualcosa a tua madre o alle persone che ami, ha un senso. Dopo l’incidente hai visto con i tuoi occhi che le cose possono andare storte all’improvviso, senza preavviso. Da lì il tuo “sistema di allarme” sembra essersi acceso e non essersi più spento del tutto. È come se una parte di te fosse rimasta sempre in guardia, nel tentativo di evitare che accada di nuovo qualcosa di grave.
Quando dici che stai meglio se sei in compagnia e peggio quando sei sola, soprattutto la sera, descrivi una dinamica molto comune in chi vive questo tipo di ansia. Nel silenzio e nella solitudine la mente prende spazio, e comincia a riempirlo di pensieri, immagini, possibilità. Non è che tu creda davvero che qualcosa stia per succedere da un momento all’altro, è che la tua testa fa fatica ad accettare che non tutto può essere controllato.
Anche il fatto che notizie o post sui social ti facciano stare peggio è comprensibile. Quelle storie vanno a toccare proprio il punto più sensibile: l’idea che “può succedere a chiunque, in qualsiasi momento”. E così la mente inizia a rimuginare, a fare collegamenti, a immaginare scenari che ti fanno sentire ancora più in allerta.
La verità, e te la dico con molta delicatezza ,è che la morte è davvero inevitabile e imprevedibile. Ma il problema non è questa consapevolezza in sé. Il problema è che in questo momento tu stai cercando di vivere come se dovessi essere pronta a tutto, sempre. E così facendo non ti concedi mai di rilassarti davvero. L’ansia ti porta continuamente nel “e se succede…”, mentre la vita avviene nell’“adesso”.
Può darsi semplicemente che ora tu abbia bisogno di un tipo di aiuto diverso da quello che hai già provato. Non perché il percorso di EMDR sia stato inutile o perché tu abbia fatto qualcosa di sbagliato, ma perché oggi il nodo sembra essere un altro: questa paura costante, questo stato di allerta, e anche il pensiero della morte che forse prima non occupava così tanto spazio. Avere un luogo in cui poter parlare apertamente di tutto questo, senza sentirti strana o esagerata, può davvero fare la differenza.
E ci tengo a dirti una cosa importante: non c’è niente di sbagliato in te. Non sei “rotta” e non sei troppo fragile. Il tuo corpo e la tua mente stanno solo cercando di proteggerti dopo uno spavento grande, ma lo stanno facendo in modo un po’ rigido, tenendoti sempre sul chi va là. Con il tempo e, con l’aiuto giusto quell’allarme può abbassarsi. Non perché smetterai di sapere che la vita è delicata, ma perché potrai tornare a viverla senza sentirti costantemente in pericolo.
Un caro saluto