Da 13 anni soffro di disturbi alla guida e attacchi d'ansia.

lele

Buongiorno ho 38 vi scrivo perché è da 13 anni che soffro di disturbi alla guida in prevalenza e attacchi d'ansia. Il tutto è cominciato mentre percorrevo l'autostrada su un piccolo viadotto all'ingresso in galleria,con le gambe dure e fiato molto corto,il giorno dopo ripassando dalla stessa strada stesse sensazioni a quel punto vado dal medico di base gli spiego come stavo e mi dice che è solo un po' di stanchezza. I giorni, le settimane, i mesi passano e le sensazioni non cambiano allora per cercare di evitare queste sensazione inizio a cambiare i miei percorsi e da li un susseguirsi di sensazione di “morte“. Dopo alcuni anni trovo il coraggio di parlare di questa cosa che mi succede mi consigliano un terapeuta ci passo due anni ad un certo punto mi dice“ha fatto passi da gigante deve imparare a conviverci“ e finisce il mio percorso terapeutico,il problema persiste però ci convivo un po' meglio. Un giorno vado in crisi totale alchè vado dal nuovo medico di famiglia che mi consiglia questo psichiatra lo incontro dopo 10min di colloquio mi prescrive l'alprazolam la sera e seroxat la mattina per due anni a scalare,lo reincontro dopo due anni e mi dice di provare a combinare io i due farmaci per trovare il dosaggio che mi si addice,lo saluto e non prendo più nessun farmaco.Oggi dopo tutti questi anni cercati ad evitare ogni situazione che mi crea questa sensazione di morte mi ritrovo che non riesco più ad andare a sciare perché non riesco a percorrere strade di montagna con pendii al fianco o che ti danno la sensazione di spazzi aperti,la seggiovia o cabina mi blocca,non riesco a percorrere autustrade da solo e faccio fatica con qualcuno al mio fianco, nelle gallerie nemmeno ci entro,mi faccio mille paranoie se so prima dove devo andare,le strade che magari percorro il giorno prima se ho un minimo sentore non le percorro il giorno che seguente,in alcune situazione come centri commerciali o locali affollati cerco sempre di visualizzare la via d'uscita più vicina in caso di bisogno,cerco sempre di trovare la situazione per mettermi in sicurezza anche se non c'è alcun pericolo,ho sempre bisogno di avere la situazione sotto contollo.Qusto malore mi ha tolto tutto quello che erano le mie passioni e mi sta rendendo difficile affrontare le altre.come posso affrontare questo problema?come posso uscirci?ci uscirò mai?quali terapie è meglio seguire?so che questa cose sarà sempre parte di me ma come posso sonviverci?

8 risposte degli esperti per questa domanda

No Lele, non ci si può abituare a convivere con sintomi limitanti come quelli che lei subisce e che condizionano pesantemente la sua vita. E’ vero che la paura della morte è connaturata all’essere umano, ma, ciò che si esprime con le crisi di panico è sì la paura di morire di un attacco improvviso (infarto, crisi respiratoria, ecc.) ma ciò che nasconde la crisi è una paura più profonda: la morte psichica. La psiche che si smarrisce e non trova più i suoi punti di riferimento abituali. Nessun contatto, né supporto. Niente a cui aggrapparsi. Se la psiche si smarrisce resta solo il corpo. Una condizione inimmaginabile per l’essere umano. Credo che lei debba riprendere il percorso psicoterapeutico e, insieme a un/una psicoterapeuta, ritrovare i suoi punti di riferimento esistenziali. Saluti.

Dott.ssa Mirella Caruso

Dott.ssa Mirella Caruso

Roma

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Salve in risposta alle sue domande può conviverci con il problema, se torna in terapia ed approfondisce la questione con il suo precedente terapeuta o con un nuovo terapeuta, due anni evidentemente sono stati utili per cominciare a comprendere il problema che lei descrive molto bene e per trovare modi, che forse vanno consolidati. Lei ha scritto che dopo la terapia ha imparato a conviverci ed andava meglio. Se poi con la psicoterapia le sembra di non risolvere la situazione, provi a tornare dallo psichiatra ed assuma i farmaci, seguendo l'indicazione del medico e non facendo di testa propria. Spero di esserle stata di aiuto, cordiali saluti.

Caro Lele,

i percorsi terapeutici possono essere molteplici, e a priori è difficile dire quale sia meglio per lei. Certamente è possibile ridimensionare alcune parti di noi particolarmente resistenti e che ci impediscono di vivere pienamente la nostra vita. 

Mi piacerebbe sapere che tipo di terapia ha fatto per due anni, per capire il lavoro che ha svolto e quale potrebbe invece aiutarla in futuro. Mi pare di percepire dal suo scritto che, forse avrebbe voluto continuare la terapia. 

Anche per i farmaci credo che li abbia vissuti in modo un pò conflittuale, senza percepirne una grande utilità. 

Ciò che mi sento di consigliarle è certamente un incontro vis a vis per capire a fondo le sue esigenze ed i possibili percorsi da attuare. Se crede mi contatti pure, il primo colloquio è sempre gratuito. A presto

Buon giorno Lele, i disturbi alla guida sono piuttosto brutti, proprio come lei li descrive. Mi pare di capire che oltre ai farmaci ha cercato di risolvere il problema evitando quelle situazioni che le creavano le spiacevoli sensazioni di morte. Purtroppo evitare un problema non significa risolverlo ma piuttosto ingigantirlo. In un primo momento evitare un percorso in auto ci fa sentire meglio ma all’occasione successiva le stesse sensazioni le proviamo da un’altra parte ed evitando, evitando, riduciamo le nostre possibilità di scelta e persino le nostre vacanze. Mi sembra che il suo caso possa essere risolto dalla Psicoterapia breve strategica di prof. Nardone perché è una psicoterapia che lavora molto sugli attacchi di panico e ottiene buonissimi risultati in tempi brevi. Cerchi nella sua zona uno psicoterapeuta specializzato in questo tipo di terapia.Tantissimi auguri

Dott.ssa Stefania Meloni

Dott.ssa Stefania Meloni

Cagliari

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Buongiorno Lele,

le consiglio una psicoterapia ad indirizzo cognitivo-comportamenetale, molto efficace per il disturbo da attacchi di panico. Il lavoro si basa fondamentalmente sull'affrontare gradualmente gli evitamenti che mette in atto. Probabilmente la terapia precedente l'ha aiutata a risolvere alcuni problemi, ma non era mirata a questo. Accettare un certo livello di ansia va bene, ma non deve necessariamente convivere con gli attacchi di panico.

Buongiorno Lele, quelli che sta attraversando sono forti paure e attacchi di ansia che hanno un'origine e si possono attraversare attraverso un lavoro terapeutico. Il suo desiderio di riprendere in mano la sua vita e le sue passioni e' un elemento vitale importante che la spinge verso un cambiamento. Infatti qui chiede come fare. Il disagio che le provocano queste manifestazioni d'ansia indica che lei non e' disposto ad assuefarsi e conviverci. Può provare ancora, con un buon percorso di terapia, una motivazione al cambiamento, passo dopo passo può riprendersi la sua libertà'. Andare a vedere come e quando l'ha perduta e riprendersela per muoversi agevolmente nel mondo. Se vuole darsi un'altra chance io ci sono. Ricevo a Milano in c.so Buenos Aires. Un caro saluto 

Buongiorno Lele,

la sua lettera mi ha passato l'immagine di un uomo che da 13 anni è ancora in qualche modo dentro alla "galleria", nonostante i tentativi per uscirne.Purtroppo, come spesso succede con le difficoltà che ci consumano le energie a disposizione per tanto altro,quello che lei chiama "malore" è come un macigno che si è piazzato in mezzo alla strada della sua vita ingombrandola fino al punto di toglierle l'energia per portare avanti le sue passioni.

Chiede come può conviverci?

Ora, l'ansiolitico e l'antidepressivo l'avranno in qualche modo aiutata a convivere con il sintomo,ma non bastano da soli.Il percorso di psicoterapia che lei ha fatto per due anni è un lavoro importante che probabilmente l'avrà portata in avanti nella comprensione e nella gestione del problema, ma probabilmente andrebbe ripreso possibilmente con lo stesso psicoterapeuta con cui l'ha condiviso.Potrebbe aiutarla pensare che, anche se non è fuori dalla "galleria", sicuramente è più vicino all'uscita di quando ha iniziato a entrarci.

Mi rendo disponibile per un eventuale confronto in merito. Buone cose.

Dott.ssa Stefania Pollice

Dott.ssa Stefania Pollice

Varese

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Gentile Lele,

sente che il percorso di psicoterapia fatto l'abbia reso più consapevole? E' riuscito a "collegare" la sua ansia e gli attacchi di panico annessi?

Un'ultima domanda: cosa le impedisce di chiedere di nuovo aiuto ad uno psicoterapeuta? A volte le terapie finiscono non perchè tutto si è risolto, ma perchè si è raggiunto il limite massimo a cui si poteva arrivare in quel momento. Probabilmente, l'ansia che sta vivendo adesso vuole proprio dirle questo, solo ora è pronto a superare quel limite e ad andare oltre nel faticoso lavoro su di sè.

Resto a disposizione

Dott.ssa Valentina Nappo

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Napoli

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