Pianto disperato prima di entrare a scuola

Ermi

Salve, sono mamma di un bambino di quasi 6 anni che frequenta la 1 elementare. Sin dal primo giorno di scuola,, l'inserimento, ha dimostrato un pianto disperato, appena iniziata la cerimonia per l'accoglienza ha iniziato a piangere per la separazione per un mondo nuovo direi... Anche se lo avevo preparato parlandogli, raccontandogli le mie esperienze nella stessa scuola e la bellezza di iniziare questo nuovo percorso. Da quel giorno ogni singola mattina piange disperatamente e non vuole percorrere come tutti i bambini un percorso segnato per raggiungere l'ingresso ma vuole essere accompagnato fino alla porta. Viene accompagnato o da me o dal nonno ma non cambia nulla, a scuola lui lavora esegue i lavori, sta attento e quando esce è sorridente e sereno. Ieri ha fatto di tutto in classe disturbando le lezioni e sfidando la maestra nel mettergli una nota dove indicava cosa stava combinando in classe. La maestra mi ha bloccata questa mattina dicendomi che è furbo e che sa che può ottenere col pianto quello che vuole, che dobbiamo lasciarlo a inizio percorso. Lui non riesce a farlo . Non è un bambino viziato riceve molti no al momento opportuno. Non so come comportarmi. Cerco tutti i giorni di rassicurarlo, che andrà tutto bene e che la scuola è un ambiente sicuro dove ci sono compagnia e maestre che gli vogliono bene e che dopo ci saremo all'uscita. Quando gli viene chiesto il perché di questo pianto la risposta è perché gli manchiamo e per questo non gli piace la scuola. Faceva sport e nonostante noi fossimo presenti agli allenamenti ora non vuole andarci più. Da premettere che lo ha voluto fare lui con tutta la felicità di questo mondo. Non abbiamo subito cambiamenti in famiglia... Non ha fratelli o sorelle.

8 risposte degli esperti per questa domanda

Cara Ermi,

anzitutto grazie per aver chiesto il nostro supporto e spero che ti arrivi il mio in particolare  con tutta la mia comprensione di professionista e di madre. 

Occorre pazienza sia nei confronti sia  di tuo figlio sia della scuola che è un luogo che chiede ai nostri bambini tempi e modi di adattamento che non sono uguali per tutti.

Ti invito ad accogliere con serenità e fiducia questa fase  cercando di eseguire i compiti e giocare insieme a lui in modo che possa condividere con te quello che sta davvero vivendo nel profondo e che non appare all’esterno nè lo sta manifestando con le parole bensì solo con il suo comportamento( linguaggio prioritario dei bambini!).

Qualcosa nella classe gli sta creando qualche difficoltà emotiva…con pazienza e amore accogli tutto ciò che giorno dopo giorno affiorerà stando insieme a lui .

Ripeto: è una fase di adattamento un po’ più prolungato probabilmente per qualcosa che lo sta bloccando e che solo tanto amore tuo e del padre può sanare.

Spero che la mia risposta possa aiutarti in qualche modo.

Te la invio come professionista e come madre…

Dott.ssa Marcella Milano

Dott.ssa Marcella Milano

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Rieti

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Gentile Signora, 

comprendo profondamente la sua preoccupazione e la fatica che prova ogni mattina nel vedere Suo figlio piangere così disperatamente prima di entrare a scuola. È un dolore che tocca nel profondo e che lascia spesso un senso di impotenza, anche nei genitori più attenti e amorevoli. Quello che descrive è, in realtà, una situazione più frequente di quanto si possa immaginare. L’ingresso alla scuola primaria rappresenta per un bambino di questa età un passaggio molto importante, ma anche complesso: cambia il contesto, cambiano le richieste, i ritmi e le figure di riferimento. Soprattutto, il momento della separazione quotidiana dai genitori diventa più netto e strutturato, e questo può scatenare nel bambino un’ansia difficile da gestire. 

Il fatto che, una volta entrato in classe, suo figlio partecipi alle attività, segua le lezioni e al termine della giornata sia sereno e sorridente, è un segnale molto positivo. Indica che, superato il momento iniziale, la scuola per lui è un ambiente in cui riesce comunque a sentirsi bene. Il problema, quindi, sembra concentrarsi nel momento del distacco, più che nella vita scolastica in sé. 

Le reazioni di suo figlio in classe ,come la sfida verso la maestra o il rifiuto di svolgere attività che prima lo entusiasmavano,non devono essere interpretate come semplici capricci o “furbizie”, ma come un modo, forse un po’ confuso, di esprimere il suo disagio. A questa età, i bambini non hanno ancora gli strumenti per raccontare con le parole ciò che provano e spesso si affidano ai comportamenti per comunicare. Dietro questi atteggiamenti c’è con molta probabilità il bisogno di sentirsi più sicuro, accolto e contenuto, soprattutto nei momenti in cui la separazione gli pesa di più. 

Le suggerisco di mantenere un atteggiamento insieme fermo e rassicurante: la accompagni con calma, lo saluti con affetto e poche parole, poi si allontani con decisione, anche se il pianto può metterla in difficoltà. Prolungare quel momento, seppur con le migliori intenzioni, rischia di aumentare la tensione e di rinforzare l’idea che staccarsi sia qualcosa di pericoloso. Può essere utile, invece, stabilire con le insegnanti un piccolo rituale del saluto, un gesto, una frase, un simbolo che diventi per lui un punto di riferimento fisso e prevedibile. I bambini traggono grande conforto dalla regolarità e dalla coerenza: sapere esattamente cosa accadrà ogni mattina li aiuta a gestire meglio l’ansia. 

Se, nonostante questi accorgimenti, la situazione dovesse protrarsi ancora per alcune settimane o intensificarsi, potrebbe essere utile un confronto con la psicologa scolastica o con un professionista dell’età evolutiva. Un breve percorso di supporto può aiutare suo figlio a sviluppare strategie più efficaci per affrontare la separazione e, allo stesso tempo, sostenere lei nel gestire emotivamente questo momento. 

Il fatto che lei si stia interrogando con tanta attenzione e sensibilità su ciò che prova suo figlio è già un segnale prezioso: la sua presenza, la sua capacità di ascolto e la sua disponibilità al dialogo sono le basi più importanti per aiutarlo a ritrovare serenità. 

Con stima e cordialità 

Dott. Fabiano Foschini

Dott. Fabiano Foschini

Milano

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Gent.ma Emi, è molto frequente che i bambini in età scolare, proprio nel passaggio di grado, abbiano difficoltà nell'approcciarsi al nuovo contesto. Mi è capitato spesso di ascoltare situazioni simili proprio all'interno degli istituti scolastici. Per la mia esperienza le suggerisco, laddove ci sia la possibilità, di poter consultare lo psicologo della scuola affinché lei possa ricostruire più attentamente ciò che accade nel contesto scolastico e in famiglia. Magari con domande più precise può individuare elementi che passano inosservati ma che per un bambino invece sono cose importanti. Sandor Ferenczi, un noto psicoanalista, ha individuato come ci sia una differenza tra la percezione dei grandi e quella dei bambini per cui agli adulti non sempre è possibile decifrare di cosa un bambino soffra. Con uno psicoterapeuta dell'infanzia è possibile indagare con maggiore accuratezza il contesto e quindi costruire insieme una risposta al pianto di suo figlio.

 

Dott.ssa Denise Pantuso

Dott.ssa Denise Pantuso

Arezzo

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Non ci sono domande nel suo post. Se vuole avere una risposta deve formulare una domanda. 
Il lavoro dei genitori é quello di preparare i figli alla vita portandoli dalla dipendenza totale e assoluta all'indipendenza.  

Dott. Mario Pugliese

Dott. Mario Pugliese

Roma

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Buongiorno. 
Il cambiamento spaventa tutti indistintamente. Ogni volta che c'è bisogno di attuare un cambiamento la prima cosa che si innesca sono le resistenze al cambiamento. 
Il bambino, in realtà, esprime un disagio che e' normale. Quello che c'è da imparare e' come gestire il suo disagio. Come psicologa strategica il mio approccio è di lavorare con i genitori o con chi segue il bambino in modo da dare a loro degli strumenti per poter gestire la situazione. 
Se crede di voler approfondire mi può contattare tramite whatsapp. 
Un cordiale saluto 

Dott.ssa Mariagrazia Facincani 

Dott.ssa Mariagrazia Facincani

Dott.ssa Mariagrazia Facincani

Verona

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Buongiorno Signora, comprendo quanto possa risultare difficoltoso per lei gestire questi momenti di separazione. In tali circostanze potrebbe essere utile un supporto psicologico volto ad approfondire il significato affettivo e relazionale delle manifestazioni comportamentali del bambino, così da individuare insieme strategie di accompagnamento più funzionali al benessere di entrambi. Cosa ne pensa? Le auguro il meglio.

Dott.ssa Ursula Fortunato

Gentile signora,

Il bambino mostra un forte disagio e una sofferenza legata alla separazione. Non è un bambino viziato, come è stato detto, ma un bambino che sta soffrendo e che in questo momento non riesce ad adattarsi a una situazione nuova. E non c’è niente di strano in questo: non è obbligatorio adattarsi subito. È importante prestare attenzione a quello che il bambino sta mostrando… in questo periodo ha bisogno di sentirsi sicuro, di sapere che la mamma o il nonno ci saranno sempre. Accompagnarlo ogni giorno fino a un punto preciso, sempre lo stesso, e fargli sapere che lì verrà ripreso, può aiutarlo molto: gli dà una certezza, qualcosa di stabile. La sua sofferenza va accolta, non giudicata e con un po’ di tempo e comprensione, troverà il suo modo di stare bene a scuola. 

Un saluto,

Alicia Beatriz Kostenbaum

 Alicia Beatriz Kostenbaum

Alicia Beatriz Kostenbaum

Bari

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Quello che descrivi è una forma di ansia da separazione che, in alcuni bambini, può intensificarsi proprio nei momenti di passaggio importanti come l’ingresso alla scuola primaria. Il fatto che tuo figlio, una volta in classe, lavori bene, sia attento e all’uscita sia sereno indica che non è la scuola in sé a creargli difficoltà, ma il momento della separazione e l’idea di “stare senza voi”. Spesso, in questi casi, il bambino non piange per ottenere dei vantaggi, ma perché non ha ancora sviluppato la sicurezza interna necessaria per gestire quel distacco. Le rassicurazioni verbali, pur essendo fatte con tutto l’amore possibile, a volte non bastano e rischiano di diventare parte del circolo: più lo si rassicura, più lui avverte che c’è qualcosa da temere. Il comportamento disturbante a scuola del giorno precedente è un altro segnale: non un capriccio, ma un modo emotivo per comunicare che è in difficoltà e non sa come regolarla. In questi casi è importante intervenire in modo mirato e strategico, per evitare che questa fatica si cronicizzi o si estenda anche ad altri contesti, come già sta accadendo con lo sport. Se senti che la situazione sta diventando pesante da affrontare da sola, ti invito a fissare un incontro: lavorando su pochi passaggi mirati è spesso possibile sbloccare rapidamente questo tipo di difficoltà.

Dott. Giuseppe Zucaro

Dott. Giuseppe Zucaro

Bari

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