Ciao Daniele,
voglio dirti una cosa importante: scrivere quello che hai scritto è già un atto di forza enorme. So che forse non lo senti così, ma trovare il coraggio di raccontare come stai, di dare voce al dolore, significa che dentro di te c’è ancora una parte che vuole capire, che vuole vivere, che non si è arresa. Ed è da lì che si può partire.
Quello che descrivi,sentirti indietro, pensare di non valere, confrontarti con chi sembra “più avanti”,è qualcosa che tante persone vivono, anche se spesso nessuno lo dice. Dopo l’università è normale sentirsi persi: per anni hai avuto una direzione chiara, un ritmo scandito da esami e obiettivi, e poi all’improvviso il silenzio. Ti ritrovi a dover capire da solo cosa fare, mentre gli altri sembrano già avere un piano, un lavoro, una strada. Ma quella sensazione di essere fermo non significa che tu non stia andando da nessuna parte — solo che stai attraversando un momento in cui la vita ti sta chiedendo di fermarti, di guardarti dentro, di capire chi vuoi diventare davvero. Il confronto con gli altri è una trappola in cui tutti, prima o poi, cadiamo. Il problema è che quando guardi le vite degli altri, vedi solo la superficie: i successi, le foto, i sorrisi. Non vedi le paure, i fallimenti, le notti in cui anche loro si sentono persi. Eppure ci sono. Ognuno ha i propri tempi, e il tuo non è sbagliato solo perché è diverso.
Capisco anche quella voce che ti parla male, quella che ti ripete che non ce la farai, che la vita non ha senso. È una voce pesante, stanca, e quando si fa forte può sembrare impossibile zittirla. Ma dentro di te c’è anche un’altra voce, più calma, più silenziosa, che ogni tanto prova a farsi sentire, quella che ti dice “resisti”, “c’è ancora qualcosa di buono”, “puoi farcela”. È lei che ha scritto questo messaggio, anche se forse non te ne sei accorto.
Vorrei che provassi, piano piano, a darle un po’ più di spazio. Non tutto insieme, solo un pochino per volta. Non devi farcela da solo, davvero. Non c’è niente di sbagliato nel chiedere aiuto, anzi: è uno dei gesti più coraggiosi che esistano. Parlare con qualcuno, uno psicologo, o anche solo una persona che sa ascoltare,può alleggerire quel rumore che hai dentro, far respirare un po’ il cuore. Non è un segno di debolezza, è un modo per dirti “mi voglio salvare”, anche se fa male.
Non devi avere tutte le risposte adesso. A volte basta solo restare, respirare, e lasciare che qualcuno ti stia accanto finché la tempesta si calma un po’.
Non sei un fallimento. Sei una persona che sta soffrendo, e che merita di stare meglio. E questa, anche se non sembra, è già una forma di speranza.
Un caro saluto